I CHELONI
CLASSIFICAZIONE DEI RETTILI (REPTILIA)
Classe | Reptilia | ||
Sottoclasse | Anapsida | Archosauria | Lepidosauria |
Ordine | Testudines (Cheloni) | Crocodylia (Coccodrilli) | Rhynchocephalia (Tuatara)
Squamata |
Sottordine | Cryptodira Pleurodyra |
Amphisbaenia (Anfisbeni) Sauria (Sauri) Serpentes o Ophidia (Serpenti) |
INQUADRAMENTO TASSONOMICO
Al momento sono descritte 8.734 specie nella classe dei rettili (Reptilia), suddivise in tre sottoclassi: gli Anapsidi (Anapsida), gli Arcosauri (Archosauria) e i Lepidosauri (Lepidosauria). Gli Arcosauri sono i coccodrilli. La sottoclasse degli Anapsidi contiene l’unico ordine dei Cheloni (Testudines) diviso in due sottordini: i Criptodiri (Cryptodira) e i Pleurodiri (Pleurodyra). La sottoclasse dei Lepidosauri è suddivisa in due ordini: i Rincocefali di cui fanno parte solo le due specie di Tuatara (Sphenodonpunctatus e S. guntheri) e gli Squamati (Squamata) che sono a loro volta suddivisi in tre sottordini: gli Anfisbeni (Amphisbenia), i Sauri (Sauria) e i Serpenti (Ophidia).
Nel sottordine Serpenti sono riconosciute 3.149 specie, nei Sauri 5.079 e nei Cheloni 313.
Solo un numero relativamente piccolo è abitualmente mantenuto in cattività nei giardini zoologici o strutture analoghe a vario indirizzo (commerciale, conservazione, etc.), nei circhi, nelle collezioni private, all’interno di strutture di ricerca o in ambiente domestico.
ALLOGGIAMENTI
I cheloni dovrebbero, fintanto che l’area geografica e il clima lo permettono, essere mantenuti all’esterno. Si deve tenere conto della provenienza della specie allevata e della situazione climatica. Specie da aree geografiche a clima temperato possono essere allevate all’esterno per tutto l’anno, specie tropico-equatoriali devono essere tenute all’interno nella stagione fredda e alcune specie anche in quella calda secondo l’area geografica e la situazione climatica locale.
Quando non è possibile l’allevamento all’esterno, i cheloni possono essere allevati in terrari, acquaterrari/terracquari, acquari. Il mantenimento all’interno dei cheloni terrestri dovrebbe avvenire in strutture “aperte”, con pareti sufficientemente alte, lisce e robuste da impedire la fuga. I cheloni palustri, semiacquatici e acquatici devono essere alloggiati in vasche con una zona emersa proporzionale alle abitudini anfibie della specie, dove saranno indirizzate le lampade riscaldanti e quelle a emissione di ultravioletti. Tartarughe di dimensione superiore a 40 cm di lunghezza di carapace dovrebbero essere alloggiate in stanze climatizzate o recinti da interno, che rispettino comunque al minimo le misure consigliate. I recinti devono avere altezza sufficiente ed essere costruiti con materiale adatto per evitare la fuga. Le specie di climi temperati dovrebbero poter passare la stagione fredda in brumazione.
La superficie minima di base degli alloggiamenti dovrebbe essere, in rapporto alla lunghezza del carapace (LC):
Lunghezza = 5 × LRC
Larghezza = 3 × LRC
Altezza terrari = 2 × LRC
Altezza acquaterrari/acquari = Profondità dell’acqua +40 cm minimo.
Profondità dell’acqua = LC × 1 o 1,5 o 2 a seconda delle attitudini natatorie.
Cheloni palustri/acquatici
La profondità dell’acqua per la maggior parte delle specie deve essere almeno uguale alla lunghezza del carapace, per specie con spiccate attitudini natatorie dovrebbe essere maggiore.
Al contrario per alcune specie, come la Mata Mata (Chelus fimbriatus) e altre, l’acqua deve avere una profondità tale che la tartaruga stando sul fondo possa allungando il collo respirare in superficie.
DIMENSIONI CONSIGLIATE PER CHELONI TERRESTRI
Lunghezza x larghezza x altezza (cm) | Superficie della base approssimativo (cm2) | Lunghezza carapace (cm)
|
|
Dimensione minima | 60 x 50 x 40 | 3.000 | |
100 x 60 x 40 | 6.000 | 20 | |
200 x 120 x 80 | 24.000
|
40 |
DIMENSIONI CONSIGLIATE PER CHELONI PALUSTRI/ACQUATICI
Lunghezza x larghezza x altezza (cm) | Superficie della base (cm2) | Volume (litri) | Lunghezza carapace (cm) | |
Dimensione minima | 60 x 50 x 40 | 3.000 | 120 | |
LC x 1 | 100 x 60 x 60 | 6.000 | 360 | 20 |
LC X 2 | 100 x 60 x 80 | 6.000
|
480 | 20 |
LC X 1 | 150 x 90 x 70 | 13.500 | 945 | 30 |
LC X 2 | 150 x 90 x 100 | 13.500 | 1.350 | 30 |
LC X 1 | 200 x 120 x 80 | 24.000 | 1.920 | 40 |
LC X 2 | 200 x 120 x 120 | 24.000 | 2.880 | 40 |
SUBSTRATO
Il substrato del terrario, costruito qualora non fosse possibile detenere i cheloni all’esterno, è il materiale che copre il fondo della teca. Ve ne sono di vari tipi: per i terrari essenziali solitamente si utilizzano materiali in pezzo unico come fogli di carta di giornale, fogli di carta per pulizie, pezzi di linoleum, ecc.; questi materiali non hanno un aspetto naturale, ma garantiscono una semplice gestione igienica.
Substrati di aspetto più naturale sono corpuscolari (trucioli di legna, corteccia in pezzi, terriccio, ghiaia, ciotoli, sabbia silicea, substrati dedicati per rettili, fibra di noce di cocco, ecc). Tra questi ci sono anche i cosiddetti substrati attivi e bioattivi. Tendenzialmente i substrati di aspetto naturale sono considerati potenzialmente pericolosi se la gestione routinaria non è attenta e quindi sono preferiti substrati che favoriscono la praticità e l’aspetto igienico.
Quando si usano materiali particolati, il pasto dovrebbe essere messo a disposizione su un vassoio o una ciotola. Un altro svantaggio dei substrati particolati, è che possono attaccarsi agli emipeni estroflessi o alla mucosa cloacale durante la defecazione ed essere portati all’interno della cloaca quando la mucosa cloacale o gli emipeni vengono retratti. Alcuni substrati a grana fine come i vari tipi di sabbia e ghiaia, possono provocare infezioni e ferite oculari, infiammazioni/infezioni respiratorie, problemi cutanei, costipazioni gastroenteriche, etc. Particolarmente pericolosi se ingeriti sono pezzi di trucioli di legno o corteccia.
Un substrato naturale ha d’altra parte anche dei notevoli vantaggi, primo aiuta a creare un ambiente il più possibile naturale (vivario “biotopo”) che sicuramente porta un notevole beneficio psicologico a un animale costretto alla cattività. In secondo luogo se ben formulato e di spessore adeguato garantisce il mantenimento di una certa umidità al suo interno che è essenziale per permettere un’adeguata idroregolazione.
Se la scelta è verso un substrato “naturale”, il materiale (terriccio, sabbia, ghiaia etc.) dovrebbe provenire da fonti “sicure” e avere una profondità adeguata per garantire una superficie asciutta (oltre i dieci centimetri o meglio almeno trenta).
Gli escrementi vanno prontamente rimossi, assieme ad una parte del substrato circostante. Se la scelta va verso la praticità del substrato monopezzo, una possibilità per mascherare l’aspetto artificiale è utilizzarli con sopra uno strato di substrato corpuscolato (ad esempio fogli di giornale coperti da uno strato di segatura di pioppo).
Substrati bioattivi
Il concetto di base del substrato bioattivo è che il substrato su cui vive un animale non è un semplice materiale su cui poggia, ma una miscela di elementi fisici, chimici e biologici che hanno una parte attiva importante sulla sua fisiologia.
Sembra che la presenza, in un substrato bioattivo, di determinati microrganismi e funghi competa con l’attività dei miceti e batteri patogeni a favore della prevenzione di molte malattie. Inoltre, perché il substrato funzioni e permetta la sopravvivenza di un’adeguata microflora “buona”, deve avere un’umidità ottimale che permette al rettile anche una più precisa idroregolazione. Questo tipo di substrato, per le attenzioni particolari di gestione, non è adatto ai neofiti.
RIFUGI
La disponibilità di rifugi è uno dei fattori più importanti e sottovalutati del mantenimento in cattività dei rettili. L’esposizione continua determina una situazione di stress che porta di solito a un eccessivo vagabondare per la teca in cerca di nascondigli. Lo stress inoltre porta a un abbassamento delle difese immunitarie e quindi a una minor difesa contro le patologie. Secondo le abitudini di vita si potranno mettere a disposizione per nascondersi elementi dell’ambiente naturale.
Oppure si metteranno a disposizione nascondigli veri e propri come pietre piatte, cortecce, tronchi cavi, scatole, vasi di terracotta etc. Ad eccezione che per la trasparenza (non deve essere trasparente), non ha molta importanza il materiale di cui è fatto il rifugio quanto la forma e la dimensione commisurata all’animale. I rettili sono tigmotattici ovvero relazionano molto con l’ambiente circostante mediante recettori cutanei, perciò si sentono sicuri in un rifugio se possono sentirne le pareti. Per questo motivo i rifugi non dovranno essere troppo ampi ma relazionati alla taglia dell’animale. Questi nascondigli andranno posti in varie zone termiche in modo da permettere all’animale di termo-regolarsi anche stando nascosto. Il rifugio principale dovrebbe essere posto nell’area più fresca della teca.
POSTAZIONI D’ARRAMPICAMENTO E IRRAGGIAMENTO
Per molte specie di rettili, incluse le tartarughe acquatiche del genere Trachemys, è importante avere punti elevati sotto le lampade riscaldanti dove possano andare a “prendere il sole”, per altre specie anche in altri punti del terrario a temperature diverse dove possano sostare controllando dall’alto il loro territorio. Possono essere usate pietre, ceppi o rami. Se si utilizzano rami, dovrebbero essere almeno dello spessore del corpo e presentare delle porzioni orizzontali. Anche se può sembrare ovvio, è bene ricordare che qualsiasi cosa si usi non deve contenere sostanze tossiche (ad esempio vernici), parti vulneranti (margini taglienti, frammenti metallici etc.) e deve essere ben fissata alla struttura per evitare crolli che possono essere pericolosi e a volte fatali per l’animale.
CONTENITORI PER L’ACQUA E IL CIBO
Il cibo dovrebbe essere messo a disposizione all’interno di contenitori, questo per vari motivi: si facilita il mantenimento dell’igiene, si riduce l’ingestione di particelle in caso d’utilizzo di substrato particolato, inoltre abituando l’animale alla ciotola sarà più facile abituarlo a cibi nuovi magari meno appetibili.
I contenitori per l’acqua dovranno essere adeguati alla taglia dell’animale, attenzione alla possibilità d’annegamento dei neonati. In linea di massima vanno bene contenitori come quelli che si utilizzano per somministrare gli insetti.
MANTENIMENTO DEI PARAMETRI AMBIENTALI DEL MICROHABITAT
Quando si mantengono rettili in terrario, non è necessario riprodurre esattamente anche i parametri ambientali estremi che riscontrano in natura, perché sono fondamentalmente dannosi e qualsiasi animale sviluppa degli adattamenti fisiologici e comportamentali che gli permettono di aggirare i rischi dovuti a tali estremi (es. temperature eccessivamente elevate, eccessivamente basse, eccessi e mancanze d’umidità etc.). Essenziale è invece fornire un ambiente caratterizzato da variazioni dei parametri ambientali, tali che permettano all’animale di scegliere tra le varie zone e caratteristiche del micro-ambiente quella più adatta al corretto funzionamento dell’organismo secondo il momento temporale e fisiologico.
Temperatura
I rettili sono Ectotermi o più comunemente detti “a sangue freddo”: per mantenere una determinata temperatura interna utilizzano le variazioni termiche dell’ambiente in cui vivono mediante strategie comportamentali, esponendosi al sole o spostandosi su superfici riscaldate (pietre, terreno etc.) o per raffreddarsi rifugiandosi nel terreno, in tane, etc.
Ogni specie vive in un habitat in cui è presente un determinato intervallo di temperatura che è chiamato intervallo termico di attività (o POTR per gli anglosassoni Preferred Optimum Temperature Range). Questo intervallo è rappresentato dalle temperature minime e massime ricercate attivamente dal rettile durante la giornata. All’interno dell’intervallo di attività ve ne sono di più ristretti che permettono di raggiungere la temperatura corporea preferita TCP (PBT Preferred Body temperature per gli anglosassoni) che rappresenta la temperatura corporea del rettile entro cui una determinata funzione metabolica si svolge in modo ottimale. Ogni specie ha un intervallo di temperatura ambientale preferita in cui può raggiungere la sua TCP (anch’essa specie-specifica). Per raggiungere la TCP, ma anche per diminuire la temperatura interna in caso di surriscaldamento e per variarla, la maggior parte dei rettili deve poter vivere in un ambiente in cui la temperatura (POTR) varia tra i 18 e i 34 °C. È essenziale che il rettile possa scegliere in ogni momento tra diversi punti dove sottoporsi alla temperatura ambientale preferita secondo il momento della giornata e le proprie necessità fisiologiche.
Per ogni specie vi sono delle temperature limite che vanno considerate. Le temperature critiche, minima e massima, sono le temperature al di sotto e al di sopra delle quali il metabolismo del rettile cessa di funzionare correttamente; le temperature letali, minima e massima, sono le temperature al di sotto e al di sopra delle quali il rettile muore. Per la maggior parte delle specie sotto i 10 °C entrano in torpore e sotto i 4 °C muoiono. Sopra i 35 °C subiscono un forte stress termico e sopra i 38-44 °C muoiono.
Gli intervalli di cui si è parlato possono essere più ampi per alcune specie e molto più ristretti per altre. Quelle che permettono alla loro temperatura corporea di variare ampiamente secondo la temperatura esterna, sono chiamate Euriterme, mentre quelle che controllano la propria temperatura entro un intervallo ristretto sono dette Stenoterme. Per queste ultime specie, quindi, minime variazioni delle temperature ambientali possono risultare pericolose. In linea di massima i rettili terricoli sono più stenotermi di quelli arboricoli e acquatici. Nei climi temperati, quando la temperatura ambientale scende costantemente sotto l’intervallo d’attività, il rettile non è in grado di mantenere una TCP adeguata ed entra in brumazione, uno stato di metabolismo rallentato in cui l’animale sopravvive grazie alle riserve corporee in precedenza accumulate.
I rettili non hanno bisogno di stare al caldo, ma di avere a disposizione diverse zone termiche in modo da raggiungere una temperatura corporea adeguata a un particolare momento fisiologico. Sono animali poichilotermi, non sono in grado di mantenere una temperatura corporea costante con meccanismi fisiologici ma regolano la loro temperatura corporea principalmente spostandosi al “caldo” o al “freddo” a seconda debbano diminuirla od aumentarla. Quindi è indispensabile fornire loro delle aree a diversa temperatura, con un gradiente che va dal minimo al massimo consigliato per la specie, e non una temperatura costantemente alta in tutto il terrario.
Sistemi di riscaldamento
In commercio vi sono diversi accessori che servono per riscaldare il terrario per conduzione come tappetini, piastre e cavetti. Vanno posti esternamente sotto il pavimento o applicati ad una o più pareti (laterale e posteriore). Questi trasmettono il calore attraverso le pareti e quindi riscaldano gli oggetti a contatto con queste e indirettamente l’aria. Possono essere utilizzati come unica fonte di calore per rettili strettamente tigmotermi oppure per garantire una temperatura di base cui può essere sommato un incremento focale con una lampada. Questi sistemi vanno collegati a un termostato, preferibilmente che possa essere impostato sia per la temperatura diurna sia per quella notturna. Per garantire un gradiente termico vanno posti in modo tale da riscaldare solo un terzo o metà della teca e non tutto il terrario uniformemente. Altro importantissimo fattore da valutare è il comportamento in natura del rettile, ad esempio non è sicuramente corretto riscaldare dal basso terrari di rettili che s’interrano per sfuggire al calore, come quelli di zone aride.
Le lampade riscaldanti (in vetroceramica, a infrarossi, faretti alogeni e lampade a vapori di mercurio) in genere sono utilizzate per fornire un punto caldo localizzato di 2-5 gradi superiore al valore massimo dell’intervallo ideale per la specie. Sembra che l’utilizzo di una fonte localizzata sia utile soprattutto per le femmine gravide di rettili eliotermi.
Il sistema di riscaldamento ideale per i rettili eliotermi è tramite irraggiamento dall’alto, quindi sono preferibili le lampade riscaldanti piuttosto che piastre e cavetti riscaldanti.
Il numero e la potenza delle lampade saranno in funzione della grandezza del terrario e della necessità di creare un effetto naturale d’innalzamento di temperatura ed aumento dell’intensità luminosa di mattino e viceversa di sera. Le lampade in vetroceramica emettono solo calore e tendono a seccare molto l’aria quindi bisognerà prestare molta attenzione all’umidità ambientale. Le altre lampade riscaldanti emettono sia luce sia calore e vanno collegate a un timer per rispettare il corretto fotoperiodo. Per evitare pericolose ustioni, le lampade riscaldanti vanno collocate in modo tale che non possano entrare in contatto diretto con l’animale e che non portino a surriscaldamento della struttura o di accessori del terrario (pareti, reti, rocce ecc). Saranno quindi poste all’esterno del vivario (ad esempio sopra la griglia superiore) o se all’interno dovranno essere protette da una struttura protettiva. Quest’ultima deve a sua volta essere pensata in modo tale che non si surriscaldi e che non possa fornire appiglio al rettile.
La temperatura nei vari punti del terrario va misurata e tenuta costantemente sotto osservazione con termometri.
Illuminazione e fotoperiodo
Per i cheloni è molto importante che la luce fornita contenga un’adeguata percentuale delle frazioni UV-A e UV-B: gli UV-A sono utili soprattutto per la visione e la salute della pelle, per quanto riguarda gli UVB ne hanno bisogno per assorbire e utilizzare il calcio che assumono con l’alimento, o meglio per convertire la provitamina D assunta con i vegetali in vitamina D attiva (vitamina D3), che a sua volta permette l’assorbimento del calcio alimentare. In commercio vi sono essenzialmente due tipi di lampade a emissione di raggi UVB per rettili: quelle fluorescenti e quelle a vapori di mercurio. L’emissione di raggi UVB dalle lampade fluorescenti va gradatamente diminuendo con il passare del tempo, si considera che esauriscano l’emissione in 6-12 mesi, pertanto almeno una volta l’anno vanno sostituite.
Per garantire un adeguato irraggiamento UVB, le lampade devono essere poste a non più di 30-40 cm di distanza dall’animale, e quindi dalle aree più frequentemente utilizzate dagli animali per l’insolazione. Queste lampade non forniscono calore sufficiente, quindi devono sempre essere abbinate a una lampada riscaldante. A tale proposito, i neon devono essere posti vicino alle lampade riscaldanti, in modo che quando i rettili si mettono sotto le lampade a scaldarsi, sono sottoposti anche all’irraggiamento UVB.
Le lampade a vapori di mercurio hanno il vantaggio di emettere anche calore e di avere una durata d’emissione maggiore, inoltre la percentuale di radiazioni ultraviolette è maggiore.
Mentre questo è verosimile per quanto riguarda eventuali problemi legati al metabolismo del calcio (calcio-vitamina D3-UVB, poiché possono utilizzare la vitamina D3 che assumono direttamente dal corpo degli insetti da pasto), non si può escludere che una luce a spettro simile a quello solare sia utile per altri processi fisiologici. Il fotoperiodo, cioè il rapporto tra ore di luce e di buio durante la giornata è molto importante per la salute generale e per l’attività riproduttiva dei rettili. La stagione riproduttiva è, ad esempio, fortemente influenzata dalla variazione stagionale del fotoperiodo. In cattività il fotoperiodo dovrebbe avvicinarsi più possibile a quello delle latitudini da dove originano gli animali. Per garantire una gradualità più naturale tra la notte e il giorno le varie lampade utilizzate nel terrario possono essere temporizzate in modo tale da creare un effetto alba e tramonto, accendendole (di mattino) e spegnendole di sera a distanza di 1-2 ore l’una dall’altra.
Fotoperiodo indicativo per specie tropicali ed equatoriali
Periodo: Ottobre-Marzo Ore di luce:11 Ore di buio: 13
Periodo: Aprile-Settembre Ore di luce: 13 Ore di buio: 11
Fotoperiodo indicativo per specie di climi temperati
Periodo: Settembre – Novembre Ore di luce:12 Ore di buio: 12
Periodo: Dicembre-Febbraio Ore di luce: 9-6 Ore di buio: 15-18
Periodo: Marzo – Maggio Ore di luce:12 Ore di buio: 12
Periodo: Giugno – Agosto Ore di luce: 14 Ore di buio: 10
BRUMAZIONE
La possibilità di andare in ibernazione è importante per le specie che normalmente in natura si sottopongono al “sonno” invernale. In natura è una condizione indispensabile perché la diminuzione della temperatura esterna non consentirebbe ai rettili di svolgere le proprie attività metaboliche.
Il letargo ha un’azione benefica sulla salute e il metabolismo e stimola e sincronizza il ciclo riproduttivo. Durante l’autunno la diminuzione della temperatura diurna provoca una riduzione di tutte le attività e una sospensione dell’alimentazione che permette di svuotare l’intestino.
Gli animali sottoposti a letargo quindi non dovranno essere nutriti durante l’ibernazione e per almeno una settimana prima dell’inizio (dato variabile da specie a specie).
Si deve consentire il letargo solo agli animali in buono stato di salute (si raccomanda una visita ed un controllo parassitologico dal veterinario) prima dell’induzione al letargo. Il risveglio dal letargo è un momento molto delicato, pertanto si consiglia di seguire le indicazioni del veterinario e, se il rettile ha perso molto peso e tarda a bere e ad alimentarsi, si consiglia di portarlo a visita veterinaria.
La durata, le temperature, il fotoperiodo e le modalità di induzione e di risveglio variano a seconda della specie. L’ibernazione in laghetto esterno delle specie di cheloni palustri può essere fatta solamente se la profondità è almeno di 75 cm e se sul fondo vi è uno strato di fango di almeno 15 cm.
ALIMENTAZIONE
Dal punto di vista alimentare i rettili possono essere suddivisi in zoofagi, onnivori ed erbivori. Gli zoofagi sono suddivisi in carnivori propriamente detti, che si alimentano prevalentemente di vertebrati e in insettivori che si nutrono prevalentemente di artropodi. Vanno poi considerati tra gli zoofagi anche rettili che si nutrono di uova e di altri invertebrati come crostacei e molluschi.
Gli onnivori si alimentano in percentuali variabili sia di alimenti di origine animale che vegetale. Alcuni anche di funghi. Gli erbivori si alimentano esclusivamente d’alimenti d’origine vegetale ed eventualmente funghi (anche se alcune specie assumono in piccola percentuale anche alimenti d’origine animale). Inoltre bisogna considerare nell’ambito della dieta vegetariana la percentuale folivora (parte verde delle piante) e frugivora (frutti).
Per quanto riguarda i cheloni più frequentemente tenuti in cattività, come regola si può assumere che le tartarughe acquatiche e semi acquatiche e le tartarughe scatola sono generalmente carnivore od onnivore, mentre quelle prevalentemente terrestri sono vegetariane (sebbene alcune specie assumano anche una certa percentuale di proteine animali). Tra le vegetariane vanno considerate le variazioni tra la quota di parti verdi e frutta.
Cheloni carnivori
Tra le tartarughe acquatiche prettamente carnivore consideriamo ad esempio le tartarughe azzannatrici e alligatore (Chelydra serpentina e Macroclemys temminckii), le mata mata (Chelus fimbriatus), le tartarughe dal guscio molle e quelle collo di serpente. Questi animali si nutrono solamente quando sono in acqua. Dovrebbero essere alimentate con pesce intero (compresa la lisca) di dimensione adeguata, magro (per evitare problemi di steatite e ipovitaminosi E) e fresco (per evitare problemi d’ipovitaminosi B1) e alimenti commerciali completi per tartarughe e pesci. Si possono inoltre offrire le prede sia invertebrate sia vertebrate che già abbiamo menzionato per l’alimentazione dei sauri con l’aggiunta di crostacei e molluschi. Somministrando una dieta sufficientemente varia di solito non sono necessarie supplementazioni minerali e vitaminiche.
Cheloni onnivori
Le tartarughe acquatiche onnivore più diffuse sono quelle appartenenti ai generi Trachemys spp., Graptemys spp., Sternotherus spp., Pseudemys spp., Crysemys spp., Emys spp., Chinemys spp.
Alimentare questi animali correttamente, rispettando un regime alimentare quanto più simile al naturale, è fondamentale per mantenerle in buona salute e a lungo. L’errore che più comunemente viene commesso è quello di fornir loro una monoalimentazione costituita in genere da piccoli crostacei acquatici essiccati o liofilizzati (gammaridi), o da pellettati galleggianti a base di farine di pesce e crostacei o di farine vegetali. L’alimentazione delle tartarughe acquatiche onnivore deve essere, orientativamente, cosi organizzata: 60-70% alimenti di origine animale; 20-30% vegetali.
In particolare, sarà costituita da pesci interi, invertebrati (crostacei, insetti e loro larve, lombrichi), vegetali e, in piccola parte (max 30%), cibi industriali (pellettato per tartarughe e pesci da laghetto, alimenti umidi per cani e gatti).
I tipi e le proporzioni dei cibi possono variare a seconda della specie che si alleva (Trachemys scripta adulte necessitano di una alimentazione fino al 50% o oltre composta da vegetali al contrario dei soggetti giovani che sono prevalentemente carnivori, mentre Graptemys spp. richiede percentuali minori, Pseudemys spp. consumano grandi quantità di vegetali indipendentemente dall’ età, ecc…), per cui e’ bene informarsi sulle abitudini specifiche delle vostre tartarughe. E’ comunque importante che la dieta sia estremamente varia e bilanciata, ricordando che ci sono alcuni cibi che e’ bene evitare: insetti velenosi, piante velenose (tra cui l’ edera), latticini e tutti i derivati del latte, farinacei (pane, pasta…), biscotti, pizza, salumi, insaccati e tutti quei cibi che, pensandoci un attimo, le vostre tartarughe faticherebbero a trovare in natura.
Dato che le tartarughe hanno un transito intestinale molto lento (quasi tre giorni negli adulti di alcune specie), che comunque varia in relazione alla specie, età e condizioni di vita, e’ consigliato alimentare gli esemplari più giovani una volta al giorno lasciando un giorno di digiuno, mentre gli adulti possono essere alimentati ogni due o tre giorni, con maggiore frequenza in estate (o a temperature alte), diminuendola con l’abbassarsi della temperatura (soprattutto in inverno).
I PESCI (2 volte a settimana)
In natura le tartarughe acquatiche onnivore si nutrono di pesci interi, vivi o morti, ingerendo quindi pelle, polpa e lisca. Per questo, in cattività, devono essere alimentate con pesci, vivi o morti, interi o a pezzettini, e proporzionati alle loro dimensioni. E’ ovviamente di fondamentale importanza assicurarsi dell’origine e della freschezza del pesce utilizzato per l’alimentazione: deve essere sano e non presentare ascessi, ferite o segni che possano far presagire ad una malattia o infezioni che potrebbero essere trasmesse alla tartaruga. Per facilitare le cose e’ possibile congelare (per periodi limitati) i piccoli pesciolini interi oppure i pezzettini sfilettati e scongelare qualche ora prima dell’ utilizzo la quantità necessaria (senza poi ricongelarla). Se si utilizza pesce congelato e’ bene ricordarsi che con il tempo la tiaminasi, un enzima presente nel pesce (in grandi quantità nel pesce di mare), neutralizza la vitamina B1 (Tiamina) presente nel pesce e tende ad accumularsi nell’ organismo della tartaruga provocando alla lunga danni al sistema neurologico dovuti a carenze di vitamina B1. E’ quindi opportuno integrare la dieta con cibi vegetali ad alto contenuto di vitamina B o con integratori vitaminici con opportuno dosaggio prescritto dal veterinario, oppure limitarsi saltuariamente ad utilizzare pesce congelato o che comunque lo sia da poco tempo, preferendo pesce fresco. E’ buona norma utilizzare pesce di acqua dolce, saltuariamente può essere somministrato anche pesce di mare:
- lattarini o acquadelle;
- gambusie;
- trota;
- salmone;
- alborella o alburno;
- nasello;
- cefaletti
Da evitare tutti quei prodotti inscatolati come tonno o sardine, sia sott’ olio che al naturale visto il loro contenuto di tiaminasi, olio e conservanti.
GLI INVERTEBRATI (2 volte a settimana)
- Crostacei (di taglia proporzionata alle dimensioni della tartaruga da alimentare);
- Gamberi;
- Scampi;
- Insetti e larve
Ne esiste una grande varietà. Alcuni sono altamente velenosi come le lucciole (i cui enzimi che provocano la bioluminescenza sono nocivi), altri sono da evitare come cimici, api, vespe e formiche che in grande quantità possono risultare irritanti o tossici. In generale tutti gli insetti colorati soprattutto rossi sono sconsigliati. Anche i bigattini (Sarcophaga carnaria) sono da evitare in quanto ricchi di sostanze di rifiuto. E’ bene ricordare che gran parte degli insetti sono ricchi di fosforo, poveri di calcio e sono spesso rivestiti di chitina che li rende abbastanza indigeribili quindi meglio non abbondare. Gli insetti più diffusi e facili da allevare sono:
- Grilli (Acheta domestica, Grillus assimilis, ecc…) sono ricchi di fosforo e con poco grasso e chitina, necessitano di essere “caricati” 24 ore prima;
- Camole della farina (Tenebrio molitor) e kaimani (Zophobas morio): sono costituiti da un rivestimento chitinoso poco digeribile, e’ consigliabile dare alle tartarughe le pupe di questi insetti che sono molto appetite oppure le larve più chiare che hanno appena mutato;
- Camole del miele (Galleria mellonella) sono molto grasse e poco digeribili;
- Cavallette e locuste : molto simili ai grilli come proprietà nutritive, adatte ai soggetti più grandi poichè sono molto più chitinose e dure;
- Lombrichi : sono molto nutrienti e ricchi di calcio e ferro ma possono vivere in terreni concimati e trattati con pesticidi per cui e’ bene fare molta attenzione alla loro provenienza;
- Blatte (Granfodorrina) e bachi da seta (Bombyx mori)
E’ importante che questi animali se catturati provengano da zone controllate che non siano state trattate con pesticidi e simili. E’ consigliato “caricare” i grilli e gli altri insetti almeno 24 ore prima (operazione di gut-loading) alimentandoli con cibi spolverati con carbonato di calcio in modo da aumentare la loro quantità di calcio e renderli più bilanciati nutrizionalmente. Per gli individui appena nati sono un ottimo alimento larve di zanzare e grilli appena schiusi.
VERDURA (tutti i giorni)
Fondamentali per l’apporto di vitamine, fibre e calcio le verdure sono un ottimo integratore per la dieta delle vostre tartarughe. In natura l’apporto in vegetali è costituito prevalentemente da piante acquatiche e alghe. La verdura deve occupare dal 30% al 50% o più della dieta a seconda della specie e dell’età ed è importante che abbia un buon rapporto Ca/P (in favore del calcio) e sia ricca di vitamine e fibre per favorire la motilità intestinale. Vanno somministrate crude e ben lavate. Le verdure che sono meglio indicate sono:
- Tarassaco (dente di leone o soffione)
- Cicoria
- Cicoria selvatica
- Lattuga romana
- Rucola
- Radicchio
- Crescione
- Erba medica
- Erbe di campo
- Trifoglio
Tra le piante acquatiche che è possibile somministrare:
- Lenticchie d’acqua (sicuramente i vegetali più graditi soprattutto nei giovani ma da offrire saltuariamente)
- Giacinto
- Cabomba
- Elodea
Esistono poi verdure ed ortaggi evitabili e sconsigliati: pomodori (ricchi di ossalati e le cui foglie sono velenose), spinaci e prezzemolo (che contengono acido ossalico che trasforma il calcio in calcio ossalato non assimilabile dall’ organismo), cavoli e broccoli (alimenti gozzigeni sequestranti dello iodio), lattuga classica (scarso rapporto Ca/P), zucchine, mais, carote, piante aromatiche e legumi (contengono una quantità elevata di proteine vegetali) ecc…
Come già accennato, gli individui più piccoli spesso sono molto restii a mangiare verdura e vegetali: bisogna, perciò, cercare di forzarli perché sono essenziali alla loro crescita. Un trucco e’ quello di dare piccole dosi di carne o pesce mischiata con la verdura in modo da farle adattare al sapore e col passare del tempo aumentare sempre di più la quantità di verdura e diminuire quello della carne/pesce, secondo le esigenze di ogni specie.
LA CARNE (una volta al mese)
Le carni hanno un alto contenuto proteico e soprattutto di grassi. In natura capita che alcune specie di tartarughe si cibino occasionalmente di piccoli roditori, rane (anche i loro girini) e carcasse di piccoli mammiferi. La carne contiene alti livelli di vitamina B ma ha contenuti proteici e di grassi troppo elevati. Al posto della carne, sarebbe piuttosto preferibile fornire del fegato ricco di vitamina A e altri elementi fondamentali. E’ possibile congelarlo in pezzettini e scongelare la razione che serve qualche ora prima.
Sconsigliate le carni rosse, difficilmente digeribili e troppo ricche di grassi, cibi in scatola per gatti e cani, tutti i salumi e gli insaccati poiché hanno al loro interno molti conservanti e sono molto grassi.
CIBI SECCHI (preferibilmente no)
Si tratta di pesciolini secchi, gamberetti liofilizzati (Gammarus) e cibo in pellet che non sono assolutamente consigliati come alimentazione base. I gammarus sono poveri di sostanze nutritive, calcio, ricchi di chitina e spesso veicoli di gravi malattie alle tartarughe. Si dovrebbe evitare la somministrazione di tali alimenti o comunque ridurli a somministrazioni davvero sporadiche. In alternativa i cibi in pellet (solo se di buona marca) possono costituire una percentuale della alimentazione ma non superiore al 20% o occasionalmente in caso di viaggi o durante le vacanze.
E’ importante tenere a mente che:
- Una dieta ben equilibrata necessita raramente di ulteriori integratori che comunque possono essere somministrati settimanalmente con parere veterinario esperto in rettili che, dopo averlo messo a conoscenza della dieta della tartaruga e dopo accurati esami all’ animale, valuterà se intervenire ulteriormente per non creare un eccesso di minerali, fibre e vitamine (ipervitaminosi) che può risultare altrettanto letale quanto una loro carenza.
- L’apporto della luce solare (o in alternativa di neon UVB) diretta e non filtrata da vetri o plexiglass è assolutamente fondamentale quanto una dieta varia e bilanciata.
Cheloni erbivori
Le tartarughe terrestri mediterranee, la testuggine comune o di Hermann (Testudo hermanni), la testuggine greca (Testudo graeca) e la testuggine marginata (Testudo marginata), sono strettamente erbivore. Il regime alimentare qui di seguito elencato si riferisce anche a Testudo terrestris, Testudo kleinmanni, e per estensione alle Testudo horsfieldii.
Come qualsiasi essere vivente, hanno delle necessità nutrizionali che vanno assolutamente rispettate: è molto importante tenere presente che la tartaruga è un animale selvatico e resterà tale, pur vivendo nel vostro giardino per anni. Di conseguenza, il suo regime alimentare dovrà essere il più simile possibile a quello del suo habitat naturale.
Vivendo in uno spazio circoscritto e molto spesso assai limitato, la tartarughe in cattività non disperdono la stessa energia muscolare rispetto a quanto accade nel loro habitat naturale; diventa di conseguenza importante non sovralimentare la nostra tartaruga somministrandole delle quantità di cibo eccessive, errore gestionale nel quale si incorre molto facilmente. Ricordate, meglio poco che troppo, una tartaruga non muore di fame! Le tartarughe mediterranee devono mangiare ogni giorno e il loro fabbisogno giornaliero corrisponde al 5% del peso (10% per le baby) e mai di più!
Il regime alimentare delle tartarughe terrestri mediterranee è del tutto vegetariano, dovranno quindi mangiare vegetali (foglie, fiori, radici). Il regime dev’essere povero di grassi, molto scarso di proteine, molto ricco in sali minerali e in oligoelementi e acqua. Il rapporto medio calcio/fosforo (Ca/P) deve obbligatoriamente essere superiore o per lo meno uguale a 2.
Di seguito l’elenco degli alimenti che andranno a comporre il menù giornaliero delle vostre tartarughe terrestri:
- Tarassaco (Taraxacum sp.);
- Trifoglio (Trifolium sp.) [soprattutto trifoglio bianco (Trifolium repens)];
- Cicorie (tutte le varietà) (Cichorium intybus);
- Dente di leone (Leontodon sp.);
- Piantaggine (Plantago major e Plantago lanceolata);
- Erba medica (Medicago sativa);
- Sedum (tutte le varietà) (Sedum sp);
- Grespino comune (Sonchus sp.);
- Ortica (Urtica dioica) (falciatene di tanto in tanto e lasciatele sul suolo: le vostre tartarughe si delizieranno!);
- Lamio bianco o falsa ortica bianca (assomiglia all’ortica ma non è urticante) (Lamium album);
- Vilucchio/convolvolo dei campi (Convolvulus arvensis);
- Crescione dei prati (Cardamine pratensis);
- Valerianella selvatica (Valerianella locusta);
- Acetosella (Oxalis acetosella);
- Cinquefoglia comune (Potentilla reptans);
- Ombelico di Venere comune (Umbilicus rupestris);
- Malva (Malva sp.);
- Salvastrella (Sanguisorba minor e Sanguisorba officinalis);
- Viola/violette (Viola sp.);
- Pratoline/margheritine (Bellis perennis);
- Galinsoga (Galinsoga sp.) (le giovani foglie vicino al suolo sono le migliori);
- Enagra (Oenothera sp.) (foglie);
- Poligono convolvolo o Erba leprina o Convolvolo nero (Fallopia convolvulus o Poligonum convolvulus) (in quantità moderate);
- Picris (Picris sp.);
- Coriandolo (Coriandrum sativum);
- Coda di topo (Phleum pratense).
Dovrete sforzarvi di riprodurre il più fedelmente possibile la naturale alimentazione che le tartarughe avrebbero nel loro habitat selvatico. Di conseguenza, se la vostra tartaruga vive in un giardino oppure in un recinto, sarà sufficiente che seminiate in grande abbondanza i vegetali della lista sopracitata, o che le raccogliate dal vostro giardino o da altri spazi verdi in città (meglio se lontani dalla strada!).
Se non è possibile dare queste erbe selvatiche, è possibile completare il menu presentato sopra con dei vegetali provenienti da orticoltura destinati all’alimentazione umana. Si possono dare verdure ad uso umano. In particolare consiglio:
- Cicoria
- Radicchio
- Indivia
- Scarola
- Basilico
in proporzioni decrescenti. Questi vegetali non sono particolarmente necessari se la tartaruga vive in un giardino dove sono presenti in abbondanza le piante citate nella prima lista; diventano indispensabili se la vostra tartaruga vive in un terrario oppure nel caso in cui ci sia necessità di integrazioni.
Altre verdure commerciali che si possono somministrare sono:
- Gambi e foglie d’ibisco (non trattate !) (Evitate il fiore sopratutto quando è diventato rosso);
- Crescione;
- Prezzemolo;
- Insalate derivate dalla cicoria, ossia:
- cicorie selvatiche;
- dente di leone;
- invidia, insalata belga;
- chioggia (impropriamente chiamata “Trévise” in Francia, la vera Trévise è un’altra cicoria rossa);
- indivia riccia;
- scarola;
- barba di cappuccino;
- indivia rossa (diversa dalla carmine);
- veronese ossia il radicchio di Verona;
- trevigiano ossia radicchio di Treviso;
- pane di zucchero;
- carmine;
- Racchette e frutto del fico d’india (rimuovere le spine);
- Soncino, valerianella;
- Foglie di rapa;
- Rutabaga;
- Verza;
- Foglie di barbabietola;
- Gambo del broccolo (non somministrare il fiore);
- Sedano in gambo.
Ovviamente tutti i vegetali dovrebbero essere preferibilmente non trattati e lavati.
E’ possibile che, durante le sue passeggiate, la tartaruga si approvvigioni da sola delle proteine che le sono necessarie becchettando di qua e di là qualche lombrico, guscio di chiocciola (a volte chiocciole intere), lumache, piccoli insetti morti. Assolutamente non somministratene mai di persona!!!
Prestate inoltre molta attenzione anche ai corpi estranei: gomme da masticare, carte colorate, pezzi di plastica, etc. Tenete ben presente che un intervento chirurgico su organi interni di una tartaruga risulta molto difficoltoso.
Infine, gli alimenti che non vanno assolutamente somministrati:
- bucce;
- i frutti non sopracitati (sono troppo acidi e/o non hanno abbastanza calcio);
- le patate
- tutti i dolciumi;
- pane;
- pasta;
- riso;
- latte e tutti i latticini;
- funghi;
- tutte le carni;
- tutti i pesci;
- tutti i frutti di mare;
- le crocchette per cane e gatti;
- i fiori del broccolo;
- il cavolfiore;
- il carciofo;
- cavolini di Bruxelles;
- il mais;
- la lattuga e le insalate derivate;
- tutti i fagioli siano essi verdi o secchi;
- i piselli;
- le lenticchie;
- l’aglio e la cipolla
…e le integrazioni con vitamine e calcio? Il calcio in polvere è utile solo a breve termine nel caso in cui una tartaruga abbia una grave carenza di calcio a seguito di errori prolungati nella gestione alimentare. Similmente un complesso vitaminico non potrà essere somministrato che eccezionalmente per rinvigorire una tartaruga che sia stata soggetta ad una malattia che abbia molto debilitato la sua salute. Un eccesso di somministrazione di calcio costituisce, difatti, un rischio di malattie e di rilevanti disturbi allo stesso modo di una carenza. Questo è ancora più vero nel caso si consideri le vitamine. L’unica utilità di questi integratori alimentarti è di mitigare un problema passeggero nel quadro di una patologia o in un periodo di convalescenza.
Nel caso in cui la tartaruga non presenti sintomi problematici occorre bandire questo genere di integratori, perché l’acqua, il calore, gli ultravioletti B (sole o lampada UV), uno spazio vitale adeguato e una alimentazione naturale ed equilibrata devono essere la condizioni necessarie per assicurare la crescita regolare della tartaruga.
Se pensate, però, di dovere dare assolutamente una buona fonte complementare quotidiana di calcio alle vostre tartarughe, piuttosto che somministrare del calcio in polvere, schiacciate ogni tanto un guscio d’uovo molto finemente fino a renderlo polvere in un mortaio: non solo contiene del calcio ma è anche fonte di altri elementi nutritivi. Potete anche acquistare un osso di seppia ed inserirlo così com’è nel recinto in cui detenete le vostre tartarughe oppure riducetelo in polvere e somministratelo spolverizzato sugli alimenti.
Tenete a mente che ci sono vari segni di una cattiva alimentazione, una tipica conseguenza di una crescita veloce è un carapace con gli scuti appuntiti e scanalati nelle suture, cosiddetto piramidalizzato; al contrario, un carapace a forma di una semicalotta ovale levigata è segno di una corretta alimentazione. Non cedete alla tentazione di dare troppo da mangiare alle vostre tartarughe: la quasi totalità della tartarughe in cattività hanno una crescita troppo rapida, spesso nell’ ordine di una velocità doppia rispetto al loro habitat naturale. E’, inoltre, assolutamente necessario conservare della terra battuta, spoglia, almeno nel 50% della superficie del suddetto recinto.
Di fondamentale importanza è ricordarsi di posizionare in numerosi punti del recinto numerose fonti d’acqua, meglio se in un contenitore poco profondo e piatto, abbastanza largo e difficilmente rovesciabile. L’ideale è di collocare un sottovaso di terracotta non verniciato nel bel mezzo del recinto e di riempirlo di circa 2 o 3 cm di acqua pulita (a secondo della taglia della tartaruga). L’acqua andrà sostituita ogni giorno.
E’ necessario inoltre somministrare abbastanza di frequente dei bagni con dell’acqua a temperatura ambiente (in estate) oppure leggermente tiepida (in primavera oppure in autunno). L’acqua non dovrà mai essere calda ma nemmeno fredda di rubinetto, ad eccezione eventualmente in piena estate dove è naturalmente tiepida. Occorre essere a conoscenza che gli shock termici in entrambi i sensi sono mortali per tutte le tartarughe per arresto respiratorio oppure per arresto cardiaco. L’altezza dell’acqua deve essere tale che le spalle siano immerse ma non il naso. Un bagno dura da un quarto d’ora a 30 minuti e costituisce un fantastico modo per la tartaruga per idratarsi potendo essere attuati più volte a settimana, soprattutto in estate.
CONVIVENZA CON ALTRI ANIMALI
Stessa specie
Animali appartenenti alla stessa specie possono essere alloggiati assieme solo compatibilmente a vari fattori, quali la tendenza alla socialità, lo spazio vitale a disposizione, il rapporto tra i sessi, la competizione per alimentazione e zone d’insolazione, la dimensione corporea, etc.
Vi sono animali che in natura incontrano individui della propria specie solo per accoppiarsi e che in qualsiasi altra occasione difendono in modo accanito il proprio territorio, anche contro individui di sesso opposto. È il caso per esempio della maggior parte dei camaleonti, sebbene alcune specie facciano eccezione. Vi sono poi specie che in situazioni adatte possono convivere in piccoli gruppi e addirittura stabilire delle gerarchie sociali come certi agamidi e iguanidi. Generalmente più che di vere strutture sociali si tratta di gruppi composti da un maschio dominante e da un harem di femmine più individui giovani.
Naturalmente per motivi di spazio vitale non è semplice ricreare una situazione ideale in terrario. La dimensione del terrario e il suo arredamento devono essere tali da minimizzare il più possibile le competizioni e facilitare la fuga degli animali eventualmente aggrediti (rifugi, diverse zone di alimentazione, diversi punti caldi, etc.).
Specie diverse
È sempre sconsigliabile il mantenimento comunitario di specie diverse.
Specie diverse da località diverse
Specie provenienti da diverse aree geografiche non dovrebbero mai essere alloggiate nello stesso terrario.
STATO DI SALUTE/VISITE PERIODICHE
Un adeguato protocollo di quarantena è importante per proteggere gli animali già in possesso. Tutti i nuovi arrivi dovrebbero essere sottoposti a una visita completa e a esami per evidenziare eventuali segni di malattia.
Anche se il nuovo animale è negativo a visita ed esami ed appare sano, va isolato in una zona diversa rispetto agli altri animali e gestito separatamente con le dovute attenzioni sanitarie atte a prevenire l’eventuale trasmissione di agenti patogeni. La durata del periodo di osservazione dovrebbe esserealmeno 1-2 mesi, ma per certe malattie potrebbero essere necessari anche sei mesi o un anno. Durante il periodo di isolamento, l’animale va tenuto sotto osservazione per l’insorgenza di segni clinici, visitato e sottoposto a esami per la ricerca dei parassiti (soprattutto parassiti gastroenterici ed acari). Se insorgono sintomi di malattia, va adottata una quarantena fino a risoluzione del problema. Anche il terrario di quarantena dovrà contenere il minimo indispensabile d’accessori per garantire il benessere dell’animale: il substrato che sarà rappresentato da carta da rinnovare giornalmente, una ciotola per l’acqua e una per il cibo, un rifugio e una postazione per l’irraggiamento in materiale facilmente lavabile e disinfettabile. I parametri ambientali, anche e soprattutto nel periodo di quarantena, dovranno essere gli stessi già consigliati per il mantenimento in generale.